Perde una partita e uccide il fratellino: il ruolo del videogioco.

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RAGAZZO PERDE AI VIDEOGIOCHI, SFASCIA LA CASA E UCCIDE IL FRATELLINO DI 7 ANNI.

Una lettura psicologica del ruolo del videogioco in questa triste storia.

 

0 PAY Newsflash YoungerBrother 01 - Perde una partita e uccide il fratellino: il ruolo del videogioco.

 

É successo in Russia. Un ragazzo di 13 anni perde una partita ad un videogioco sullo smartphone, si infuria ed in preda alla rabbia distrugge oggetti e mobili intorno a lui. In quel momento era presente in casa anche il fratellino più piccolo di 7 anni, che aveva assistito a tutta la scena. Per paura che facesse “la spia” viene ucciso con un coltello.

In questo articolo proverò a fornire una lettura psicologica del fenomeno, fornendo spunti di riflessione che superino la dicotomia per la quale i videogiochi fanno diventare violenti i ragazzi. Come spesso accade in situazioni di questo tipo non è possibile puntare il dito verso il videogioco come unico colpevole, piuttosto si può individuare un cocktail di cause.

 

IL NESSO CAUSALE

Dell’esame di metodologia sostenuto all’università mi ricordo ben poco, ma un prezioso insegnamento ho messo in tasca: la nozione di causa-effetto. Durante la prima lezione il docente entrò in classe e disse con tono provocatorio: “In estate si vendono più gelati, in estate ci sono più rapine in casa, vendere più gelati causa più rapine in casa”.

Questa conclusione logica ci appare assolutamente sbagliata poichè ognuno di noi sa che manca una terza variabile da chiamare in causa, che spiegherebbe le altre due. Si tratta del caldo: ci fa preferire cibi freschi e porta le persone ad andare in vacanza, lasciando le abitazioni in città vuote. É scontato, quindi, che la vendita dei gelati ed il tasso delle rapine siano due dati slegati tra di loro, accomunati soltanto dalla medesima spiegazione.

 

IL VIDEOGIOCO NON É LA CAUSA

Quando si leggono notizie di questo tipo è facile compiere una leggerezza ed attribuire la colpa dell’accaduto, senza troppo rifletterci, al videogioco.

Personalmente ritengo che ci siano altri fattori da tenere in considerazione, ad esempio sembrerebbe che i due fratelli, di 13 e di 7 anni, fossero stati lasciati da soli in casa. É proprio questo il motivo per cui il protagonista della triste vicenda ha ucciso il piccolo, perchè era l’unico che aveva assistito alla sua esplosione di rabbia e non voleva facesse la spia alla madre. Madre che in quel momento non era in casa.

Quindi è lecito pensare che se la madre fosse stata in casa il fratello più piccolo non sarebbe morto. Prima di tutto perchè non avrebbe avuto senso fare la spia dal momento che la donna avrebbe assistito in prima persona alla collera del videogiocatore. Secondariamente la madre, se presente, l’avrebbe sicuramente rimproverato sul fatto aiutandolo a placare la sua ira e facendo da moderatore con il sentimento negativo.

Si comincia a delineare una storia di abbandono e di trascuratezza dei minori, in cui troppo spesso il videogioco diventa una baby-sitter economica sulla quale fare affidamento.

 

I VIDEOGIOCHI CAUSANO RABBIA E FRUSTRAZIONE

É vero, i videogiochi possono aumentare o causare sentimenti di frustrazione e rabbia, ma quante altre attività causano emozioni di questo tipo? La sconfitta nel gioco del calcio è l’esempio principe ma anche la scuola può essere fonte di sentimenti negativi. O cominciamo a vivere in una bolla isolata dal mondo, oppure dobbiamo accettare l’idea che i sentimenti vanno a coppie e, prima o poi, sperimentiamo entrambi: amore e odio, rabbia e calma, soddisfazione e frustrazione…

Allora il problema non è proteggersi dai sentimenti negativi: questo è impossibile perchè fanno parte della vita umana. Il problema fondamentale è trasmettere ai bambini strumenti per poter affrontare la frustrazione e trarne un prezioso insegnamento.

 

GIOCARE DA SOLI, MA CONNESSI COL MONDO

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Il giocatore 13enne era da solo, chiuso in camera, mentre giocava con tutto il mondo in un probabile stato di eccitazione data dal videogioco (un concetto noto nella psicologia con il nome di “arousal”). In quel momento si è creato un pericolosissimo cocktail di rabbia, solitudine e adrenalina. Io credo che il problema di tutto sia proprio questo. Non dico di stargli appiccicati o di guardarlo mentre gioca, difficilmente un adolescente lo tollererebbe, però bisogna essere presenti, anche perchè è purtroppo comune assistere a bambini e ragazzi che utilizzano opere videoludiche non adatte alla loro fascia di età.

Quel ragazzo è stato lasciato solo, senza gli strumenti per gestire la propria rabbia.

 

PER APPROFONDIRE LA VIOLENZA NEI VIDEOGIOCHI

I Videogiochi fanno diventare violenti?

 

Immagini da fanpage.it, medpagetoday.com e youtube.com

 

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Mi chiamo Simone Zamboni e sono uno psicologo clinico. Ricevo a Brescia e online.