Perchè New York ha fatto causa ai social

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La controversia tra la città di New York e i giganti dei social network può essere efficacemente illustrata con una metafora. Immaginate di credere che le big tech abbiano implementato, o siano intenzionate a implementare, misure autenticamente efficaci per limitare il tempo trascorso dagli utenti sulle proprie piattaforme. Questo è paragonabile a convincersi che un’azienda produttrice di bevande gassate possa vendervi il suo prodotto, ma allo stesso tempo, per preservare la vostra salute, vi limiti a consumarne solo un bicchiere a settimana. Difficile credere che una multinazionale risponda ad altre logiche oltre a quella del profitto.

La recente “causa ai social” intentata dalla città di New York contro i colossi dei media digitali segna un capitolo significativo nella crescente preoccupazione per l’impatto dei social network sulla salute mentale delle persone, specialmente dei più giovani. Proprio le menti dei nativi digitali, infatti, sembrano le più suscettibili ai rischi del mondo digitale, proprio perchè non ancora completamente sviluppate. Guidata dal sindaco Eric Adams, la causa mira a far luce sulle pratiche di TikTok, Facebook, Instagram, YouTube e Snapchat, accusate di aver scientemente progettato le loro piattaforme per creare dipendenza nei minori, contribuendo così ad aggravare la crisi di salute mentale tra bambini e adolescenti.

L’azione legale contro i social network: causa ai social

Questa azione legale, annunciata il 16 febbraio 2024, punta i riflettori sulle strategie aggressive e sugli algoritmi che catturano l’attenzione dei giovani utenti. Il sindaco Adams ha evidenziato come, nell’ultimo decennio, si sia assistito a un aumento dell’impatto negativo dei social media sulla salute mentale dei giovani, sottolineando la necessità di misure di sicurezza più stringenti, la limitazione dell’uso da parte dei minori, il divieto di contenuti e algoritmi nocivi, e risarcimenti per i danni causati.

Le società di social media, da parte loro, hanno respinto le accuse, affermando di aver già adottato diverse misure per tutelare i minorenni. Tuttavia, le scuse pubbliche espresse da Mark Zuckerberg, CEO di Meta, alle famiglie colpite da tragedie legate all’uso dei social, mettono in discussione l’efficacia di tali misure.

Il paradosso dell’auto-limitazione

È difficile credere che i social network possano essere sinceramente motivati a creare strumenti che limitano l’uso delle proprie applicazioni. Queste piattaforme, dopo tutto, traggono profitto dalla visione di pubblicità: più tempo gli utenti trascorrono online, maggiore è il guadagno per queste aziende. In questo contesto, emerge un evidente conflitto di interessi. Sembra piuttosto chiaro che qualsiasi misura adottata dalle compagnie per ridurre il tempo speso dagli utenti sui social sia più un tentativo di migliorare la propria immagine pubblica che un autentico impegno per il benessere degli utenti. Si insomma, è un po’ credere che le aziende del tabacco abbiano piacere nel limitare a due la quantità di sigarette che ti consentono di fumare ogni giorno. Servono interventi comunitari.

New York e l’attenzione alla salute mentale

La “causa ai social” solleva questioni cruciali sulla responsabilità delle aziende di social media di proteggere i giovani utenti e sull’efficacia delle politiche di sicurezza attuali. Con un budget annuale di oltre 100 milioni di dollari dedicati alla salute mentale dei giovani, New York si propone come pioniere nella lotta per una maggiore regolamentazione e supervisione dei social network, mirando a un cambiamento significativo nel modo in cui le piattaforme digitali interagiscono con le generazioni più giovani.

Questa iniziativa legale contro i giganti della tecnologia evidenzia una crescente consapevolezza dell’impatto dei social sulla società, specialmente tra i giovani, e pone le basi per future regolamentazioni che potrebbero trasformare il panorama dei social media, rendendolo più sicuro e meno nocivo per la salute mentale dei minori. La “causa ai social” di New York potrebbe quindi rappresentare un momento decisivo nella definizione delle responsabilità delle piattaforme digitali verso i loro utenti più giovani.

In attesa di cambiamenti sostanziali puoi leggere il mio articolo su come staccare i figli dallo smartphone.

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Mi chiamo Simone Zamboni e sono uno psicologo clinico. Ricevo a Brescia e online.